Il ricorso contro il diniego del Visto di ingresso

Uno dei requisiti per entrare nel nostro Paese è la concessione del Visto di ingresso, rilasciato dalle rappresentanze diplomatiche italiane nei Paesi di origine dei cittadini che ne fanno richiesta.

Motivazioni del diniego del Visto

Il Codice Comunitario dei Visti, all’art.32, dispone i casi nei quali il Visto può essere rifiutato, nella fattispecie quando il richiedente:

  • Fornisce un documento di viaggio falso o contraffatto;
  • Non presenta una valida motivazione inerente alla motivazione del viaggio;
  • Non dimostra di possedere sufficienti mezzi di sussistenza;
  • Abbia già soggiornato per novanta giorni nell’arco di un periodo di centottanta giorni sul territorio dei Paesi membri con un Visto uniforme;
  • È segnalato nel SIS (Sistema d’Informazione Schengen) come soggetto potenzialmente pericoloso;
  • È considerato una minaccia per la salute pubblica, per la sicurezza interna o l’ordine pubblico dello Stato;
  • Non presenti una valida assicurazione di viaggio, richiesta dalla legge, per le emergenze sanitarie.

Diniego del Visto turistico

Uno dei motivi più ricorrenti per l’ingresso in Italia è rappresentato dal turismo.

Il rifiuto della concessione del Visto per motivi di turismo può avvenire qualora dai documenti presentati dal cittadino straniero non si desumano lo scopo del viaggio, la disponibilità dei mezzi di sussistenza (per la prova dei mezzi di sussistenza può anche essere richiesta la presentazione obbligatoria di una fidejussione), il requisito dell’alloggio oppure quando la rappresentanza diplomatica ritenga probabile il “rischio migratorio”, cioè la possibilità che il cittadino straniero prolunghi il suo soggiorno in Italia oltre la scadenza del Visto.

In caso di diniego del Visto per turismo è possibile presentare un ricorso al Tar del Lazio – entro sessanta giorni dalla notifica con la rappresentanza di un avvocato specializzato in diritto dell’immigrazione, tramite il rilascio di una procura speciale, che deve essere tradotta e legalizzata da un notaio. Sarà prerogativa dell’avvocato dimostrare soprattutto che non ci sia il “rischio migratorio”, spingendo soprattutto sulle condizioni del suo assistito nel Paese di origine che lo spingano al rientro, come ad esempio interessi lavorativi, familiari o possesso di immobili.